Friday, March 21, 2014

Salviamo Pompei

Io ricordo Pompei da quel bellissimo libro sulla cultura degli antichi romani, era magnificamente illustrato e mi fu regalato da mio padre. Fu un regalo splendido, talmente prezioso che le sue pagine io sfioravo con delicatezza cercando di preservarlo più a lungo possibile. Fu conservato nella casa dove ora ci abitano i miei genitori. È ancora li, sulla mia scrivania, aperto sulla pagina intitolata Pompei, che come ho capito nel corso degli anni non fu soltanto la pagina del libro, ma l'intera pagina della mia vita. 

Oggi, come tante altre volte decido di andare a Pompei. Lo faccio spesso, "troppo spesso" se mi paragono ad una persona italiana. Questa volta, invece della comodità della macchina, scelgo il treno per capire come vive tutta questa esperienza un turista, uno straniero. Aspettando il treno mi sento abbracciata da una folla internazionale. Il treno ha 30 minuti di ritardo; alcuni turisti sbagliano i binari e viaggiano in una direzione sbagliata. Non ci sono indicazioni ben precisi per i turisti, tutta l'informazione viene annunciata in italiano. Qualcuno si avvicina a me, appena nota che parlo l'inglese. Si riuniscono in un piccolo gruppo dei turisti indifesi, spaventati dalla realtà e eccitati dal pensiero di vedere un miracolo che è Pompei.

Il treno si riempie come un barattolo di acciughe, dove l'aria viaggia attraverso il sudore. Le porte si aprono alla stazione Barra, facendo entrare un uomo quarantenne con il figlio di circa tre anni. Il bambino mantiene il mandolino e il padre raccoglie le monetine "di pietà". Io guardo gli occhi del bambino e il cuore smette di battere. Perdo il respiro. Chiudo gli occhi. Ma il sudore  che avvelena l'aria attorno me non mi fa perdere la coscienza. Così mi giro dall'altra parte e guardo la strada. Il treno attraversa le campagne, case abbandonate e le immense discariche di spazzatura nelle vicinanze di Bosco Trecase. Cerco di non affrontare gli sguardi di quei turisti norvegesi, quelli che alla stazione mi chiedevano l'informazione. C'è sempre domanda nel loro sguardo, ma questa volta la domanda è ben diversa. 

Siamo finalmente arrivati. Passeggio per le strade di 2000 anni fa, accarezzando ogni mattone di ogni palazzo, immaginando che qualcuno lo faceva molto prima di me. Le lacrime sono pronte a scappare e non li fermo più. Oramai lo capisco: la mia Pompei sta scomparendo. 

Qualcuno si ferma su una piazza o l'altra, ma io non mi fermo più. La devo rivedere tutta, tutta intera. Ma non posso esplorarla ed amarla come tante altre volte. Pompei è distrutta, è chiusa. Le strade, le case che prima erano aperti ai miei occhi affamati, si sono chiuse davanti a me. Pompei rimane sempre uno di quei luoghi dove non stancherei mai di andarci. Semplicemente perché è un luogo di un'energia particolarmente forte, di una storia triste e conosciuta in tutto il mondo. Pompei per me è un confine fra la vita e la morte, che rappresenta fra l'altro il mio modo molto personale di connettermi ad essa. 

Siamo tutti d'accordo sulla necessità di salvare gli scavi di Pompei. Ma su una cosa non siamo ancora d'accordo. Da cosa esattamente la dobbiamo salvare, o meglio da chi? 
Oggi noto innumerevoli cartelli che indicano lavori di ristrutturazione. Su molti ci sono indicate le date di consegna. 2011, 2012, 2013.. Siamo già al marzo del 2014 è quei lavori sono ancora in corso. Chi dovrebbe controllare questi lavori? 

Vado avanti ma a questo punto è meglio chiudere gli occhi. Sugli scavi di Pompei, sulla parte del patrimonio di UNESCO, quella parte che deve essere ancora scavata, viene coltivata l'uva! A due passi da una strada romana che emerge dal verde, passa un camion, come se niente fosse. 

Non c'è assolutamente nessun tipo di controllo nella zona. Ora che lo noto, non mi meraviglio più che un vandalo riesce a rubare un pezzo di un affresco antico. 

La mia Pompei oggi è in un lutto profondo. Come se non le bastasse morire una volta ed essere seppellita sotto decine di metri di ceneri, ora sta morendo nuovamente. È questa sua morte, non è dovuta al potente Vesuvio, ma alla mano dell'uomo, che non l'ha saputa amare e proteggere. 

Guardate nel vostro cuore e ditemi sinceramente: Possiamo davvero correre il rischio di perdere LEI, la nostra storia? 
Intanto la pagina del mio libro intitolata Pompei resta ancora aperta, e lo sarà finché Pompei non sarà salvata dagli italiani.